Il caso: un lavoratore si vedeva contestato dalla propria azienda un illecito disciplinare commesso oltre due anni prima e, di conseguenza, veniva licenziato.
Il Tribunale adito dal dipendente accertava l’illegittimità del recesso datoriale perché comminato a distanza di due anni dai fatti contestati, ma, tuttavia, riconosceva al lavoratore esclusivamente una indennità risarcitoria, negando la reintegra.
Il Giudice dell’appello, invece, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava l’illegittimità del licenziamento comminato e, per l’effetto, condannava la società datrice a reintegrare sul posto di lavoro il dipendente, non ritenendo legittimo il lungo decorso del tempo e statuendo come l’immediatezza della contestazione sia elemento costitutivo ed essenziale del licenziamento stesso,
La controversia approdava in Cassazione e veniva rimessa al vaglio delle Sezioni Unite, chiamate a risolvere il contrasto giurisprudenziale relativo al sistema sanzionatorio da applicare (reintegrazione o tutela indennitaria) a fronte di un licenziamento illegittimo per tardività della contestazione disciplinare.
Il chiarimento (che lascia molte perplessità tra gli operatori del diritto) fornito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 30985/2017 è il seguente : il licenziamento disciplinare che viene dichiarato illegittimo per tardività della contestazione deve essere sanzionato esclusivamente con il riconoscimento in favore del dipendente di un’indennità risarcitoria compresa tra le 12 e 24 mensilità della retribuzione globale di fatto; non spetta, invece, la reintegrazione sul posto di lavoro.
Parafrasando, poiché la contestazione è fondata, a nulla rileva il tempo che passa dalla commissione del fatto alla sua contestazione (nel caso in esame, ben due anni!!).
I Giudici di Piazza Cavour argomentano come l’art. 18 L. 300/70 non includa la tardività della contestazione disciplinare tra i vizi che comportano la reintegra sul posto di lavoro e sentenziano che essendo il fatto contestato tardivamente comunque commesso, non può considerarsi materialmente insussistente sicché andrà applicata la tutela indennitaria piena, con il riconoscimento di un risarcimento compreso tra le 12 e le 24 mensilità, e non già la reintegra.
Non possiamo non segnalare il disappunto dello scrivente Studio Legale per la statuizione in commento, che lascia basiti principalmente poiché nega di fatto ogni possibilità di adeguata difesa al lavoratore, anche violando i precetti della Carta Costituzionale, e soprattutto poiché elide ogni nesso causale tra il provvedimento espulsivo e la condotta del lavoratore, rischiando di creare un pericolo precedente a danno di tutti i lavoratori.