Il caso: un lavoratore ricorreva in Giudizio per essere stato licenziato per scarso rendimento.
La motivazione dell’azienda datrice era: svariati permessi dal lavoro per svolgere attività di volontariato nonché circa 20 provvedimenti disciplinari accumulati negli anni (per ritardo nel prendere servizio, per mancata giustificazione assenze dal lavoro e più in generale per mancato rispetto delle direttive aziendali).
Tutto ciò rendeva la prestazione lavorativa al di sotto degli standard aziendali.
Persi il Primo Grado di Giudizio e quello di Appello che sentenziavano circa la piena legittimità del licenziamento, la causa giungeva nella aule di Piazza Cavour.
Gli Ermellini, ribaltando le precedenti pronunce, nella sentenza num. 3855 dello scorso Febbraio 2017 chiariscono come non sia sufficiente il cumulo nel tempo di diverse sanzioni disciplinari per configurare un legittimo licenziamento per scarso rendimento.
Ed infatti le condotte contestate, dal momento in cui vengono sanzionate (richiami verbali e/o scritti, multe, sospensioni, ecc..), non possono determinare una nuova e differente sanzione (il licenziamento appunto) per di più a distanza di tempo (anni): ciò configurerebbe una illegittima duplicazione delle sanzione per le medesime condotte!
Pertanto viene ribadito con fermezza il significato fattuale e giuridico del c.d. scarso rendimento: esso si concretizza in una inadeguatezza qualitativa e/o quantitativa dell’attività del prestatore, insufficienza che peraltro dovrà essere comprovata in sede Giudiziale dal datore secondo rigidi e specifici oneri probatori.
In definitiva, la S.C. ha ribadito – richiamando precedenti pronunce in senso conforme – come la sommatoria delle sanzioni disciplinari di cui un dipendente viene fatto oggetto, non possano integrare, peraltro a distanza di tempo, la fattispecie dello scarso rendimento, legittimandone il licenziamento.